Cina Taiwan. Nel weekend della seconda settimana di aprile, la Repubblica Popolare Cinese ha intrapreso una serie di esercitazioni militari nelle vicinanze di Taiwan. Questi eventi hanno suscitato preoccupazioni nella comunità internazionale, alimentando le speculazioni sull’imminenza di un potenziale attacco cinese all’isola.
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- 1 Da un punto di vista politico-amministrativo, l’isola di Taiwan è completamente autonoma dalla Cina dal 1949.
- 2 Oltre 70 aerei militari cinesi e 9 navi hanno attraversato la linea mediana dello Stretto di Taiwan, simulando un accerchiamento completo dell’isola.
- 3 Ma quali fattori hanno spinto la Cina a intensificare queste azioni?
- 3.1 Da un lato, Pechino ha cercato di assumere un ruolo di mediatore, posizionandosi come un attore neutrale e invitando le parti a negoziare per risolvere il conflitto. D’altro canto, il Segretario del Partito non solo non ha riconosciuto l’aggressione russa, ma ha anche incontrato più volte il Presidente Putin.
- 3.2 Nonostante queste parole, la posizione dell’Unione Europea nei confronti della questione taiwanese è rimasta chiara. La Ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, ha ribadito che una forzata riunificazione di Taiwan alla Cina non è accettabile per l’Europa.
Da un punto di vista politico-amministrativo, l’isola di Taiwan è completamente autonoma dalla Cina dal 1949.
Tuttavia, Pechino continua a considerare l’isola come parte integrante del proprio territorio, negando il riconoscimento della sua indipendenza. Le rivendicazioni di sovranità su Taiwan da parte della Cina si sono intensificate con l’ascesa al potere di Xi Jinping, che ha apertamente espresso il suo desiderio di portare a termine la riunificazione cinese entro il 2049.
Nonostante l’uso della forza non sia mai stato completamente escluso, per anni sembrava che la minaccia di un’azione militare fosse stata evitata. La Cina ha infatti condotto esercitazioni militari vicino all’isola in passato. Da tempo, la Repubblica Popolare Cinese ha adottato una strategia di azioni a bassa intensità, volte a sondare i limiti accettabili per gli Stati Uniti e Taiwan in relazione a possibili cambiamenti dello status quo.
Tuttavia, le recenti simulazioni militari e attività di spionaggio hanno assunto una dimensione e un’intensità senza precedenti.
Di fronte a questa escalation, come reagisce Taiwan? La risposta di Taipei alle esercitazioni militari di Pechino è stata definita “calma, razionale e seria”, con l’intento di “non intensificare i conflitti, né causare controversie”. Mentre la comunità internazionale osserva con preoccupazione gli effetti potenziali delle esercitazioni militari della seconda potenza militare mondiale sulla sicurezza regionale, molti a Taiwan rimangono calmi. Secondo vari sondaggi, molti taiwanesi appaiono relativamente sereni e quasi indifferenti di fronte alla crescente minaccia. Per alcuni, questa calma deriva da decenni di convivenza sotto la minaccia di Pechino. Altri ritengono che la situazione attuale nello Stretto di Taiwan sia leggermente diversa e meno preoccupante rispetto alle crisi del passato.
Ma quali fattori hanno spinto la Cina a intensificare queste azioni?
Le recenti simulazioni militari sono state scatenate direttamente dalla visita negli Stati Uniti della presidente taiwanese Tsai Ing-Wen. Con queste manovre, Pechino ha voluto mettere in guardia i poteri esterni dall’interferire nella questione di Taiwan. Zhu Fenglian, diplomatica cinese e portavoce dell’Ufficio Affari di Taiwan, ha dichiarato che queste azioni rappresentano “un serio avvertimento contro la collusione e la provocazione delle forze separatiste di Taiwan e delle forze esterne” e “un’azione necessaria per difendere la sovranità nazionale e l’integrità territoriale”. Il rispetto dell’integrità territoriale è un principio fondamentale della politica estera cinese, tanto da essere inserito al primo punto del “Position paper” sulla guerra in Ucraina, pubblicato nel febbraio dello stesso anno.
Le esercitazioni a cui ti riferisci presentano alcune peculiarità notevoli, che si distinguono per il diverso contesto, sia a livello internazionale che interno alla Cina. La carente legittimazione interna del Partito Comunista Cinese, accentuata dalle politiche fallimentari di “Zero Covid”, ha svolto un ruolo fondamentale. Queste simulazioni, quindi, potrebbero rappresentare un diversivo per deviare l’attenzione della popolazione cinese dai problemi interni, legittimando nel contempo l’aumento del budget della difesa.
Rispetto al contesto internazionale, pur non essendo Pechino direttamente coinvolto nella questione ucraina, sembra che questa possa fornire vantaggi strategici alla Cina. In questo contesto, infatti, Xi Jinping continua a mantenere un’ambigua posizione sul conflitto russo-ucraino.
Da un lato, Pechino ha cercato di assumere un ruolo di mediatore, posizionandosi come un attore neutrale e invitando le parti a negoziare per risolvere il conflitto. D’altro canto, il Segretario del Partito non solo non ha riconosciuto l’aggressione russa, ma ha anche incontrato più volte il Presidente Putin.
La Repubblica Popolare sembra approfittare della situazione per fare i suoi calcoli, osservando l’atteggiamento delle potenze occidentali. Se le manovre fallimentari della Russia e il suo isolamento diplomatico ed economico dovessero servire da lezione, Pechino potrebbe riconsiderare l’opzione militare con Taiwan. D’altro canto, se l’Europa sembrasse non voler intervenire in questioni che non la riguardano direttamente, come quella dell’Ucraina, la Cina potrebbe vedere con occhi favorevoli una riunificazione forzata con l’Isola.
La questione ucraina si collega anche alle crescenti tensioni su Taiwan per la loro comune capacità di creare attriti all’interno del fronte occidentale. Questo è evidenziato dalla recente visita del presidente francese Emanuel Macron a Pechino e Guangzhou, durante la quale ha evidenziato l’importanza di mantenere la stabilità nello Stretto di Taiwan.
Nonostante queste parole, la posizione dell’Unione Europea nei confronti della questione taiwanese è rimasta chiara. La Ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, ha ribadito che una forzata riunificazione di Taiwan alla Cina non è accettabile per l’Europa.
L’importanza della questione taiwanese per l’Europa non dovrebbe essere sottovalutata, nonostante la lontananza geografica. Taipei detiene infatti il 60% della produzione mondiale di semiconduttori, fondamentali per la creazione di microchip presenti in tutti i dispositivi elettronici. Un eventuale conflitto avrebbe quindi un impatto economico globale enorme. Se Pechino dovesse assumere il controllo delle infrastrutture economiche taiwanesi, più della metà dell’economia globale sarebbe fortemente dipendente dalla Cina, che controllerebbe la più grande area di mercato del mondo. In uno scenario del genere, la Cina potrebbe addirittura rimpiazzare gli Stati Uniti come la principale potenza mondiale. L’equilibrio geopolitico attuale sarebbe definitivamente alterato, specialmente considerando la partnership strategica della Cina con la Russia.
Anche se la questione taiwanese non tocca direttamente la stabilità territoriale dell’Europa o degli Stati Uniti, è evidente che l’equilibrio economico e geopolitico potrebbe essere drammaticamente alterato, cambiando completamente le considerazioni strategiche.